Se niente importa

Ci sono un mucchio di cose che credo di essere molto brava a fare. Alcune mi vengono naturali, ad altre mi sono dovuta forzare.

Mi viene naturale cucinare per tutti (e poi non importa il come il dove il se il quanti l’a che ora della notte). Mi viene naturale non sprecare nulla (dalla buccia delle patate al sacchetto in mater-bi della carta igienica). Mi viene naturale essere critica sulle cose. Mi viene naturale giustificare le persone alle quali voglio bene. Mi viene naturale fare domande molto dettagliate quando non so le risposte. Mi viene naturale fare della mia vita, delle mie azioni, del mio lavoro una battaglia; se lavoro per i soldi che vita è? Se non compro carne perché costa troppo che vita è? Se il sesso diventa un monologo e non una conversazione che vita è? Se mi arrendo indiscriminatamente a ciò che reputo sbagliato solo per il quieto vivere che vita è? Se leggo solo libri che hanno una trama che finiscono bene che hanno un nome che vita è? Se i cazzi degli altri diventano l’unico argomento delle nostre conversazioni che vita è? Se ci siamo solo noi noi noi e i nostri punti di vista che vita è?

Mi sono dovuta forzare per ascoltare l’opinione di chi non è d’accordo con me e, anzi, all’inizio avevo percepito come un attentatore alle basi della mia personalità e del mio gusto personale. Mi sono dovuta forzare per non sbottare con chi pensa che aborto e adozioni alle coppie gay siano cose sbagliate “perché qualcosa dentro di me mi dice che è così”; sto imparando ad ascoltare queste persone, cercando di spiegar loro il mio pensiero (quello che per me è così naturale), riuscendo a lavorare con loro ogni giorno e ad abbracciarli ogni tanto. Mi sono dovuta forzare per dare agli altri ciò di cui avevano bisogno e non solo ciò che volevo dar loro.

Tuttavia non sono sicura di riuscire a forzarmi solo col fine della crocerossinità fine a se stessa. Non so se si chiami “do ut des” o se semplicemente non sono una buona cristiana… ma se tu prendi prendi prendi e poi indietro non dai niente – non mi cerchi non mi dici non ti mostri, allora possiamo essere sì colleghe o vecchie amiche o conoscenze ma non ci saranno ulteriori passi in avanti. Io non lo capisco come si faccia ad essere amici quando ci si ricorda gli uni degli altri solo quando non si è stanchi o si ha bisogno di invitati alla propria festa. Quello che ti darò è esattamente ciò che mi viene naturale: la cena. Ma ho così tante altre cose e così tante altre persone a cui dedicare i miei sforzi. La cosa che dovrò imparare, ciò a cui dovrò forzarmi, è a non essere infantilmente cattiva o spudoratamente acida quando persone nelle quali avevo investito tanto e con le quali avevo provato a fare anche ciò che mi costa uno sforzo invece non si dimostrano in grado di gestire una relazione d’amicizia. Ma imparerò, giuro che imparerò.

D’altro canto mi rendo conto di non avere il senso della famiglia: non mi viene naturale e sinceramente non si creano neanche le occasioni in cui mi ci dovrei forzare. Famiglia è chi mi dice come la pensa. Famiglia è chi mi pensa. Famiglia è chi si prende cura di me. Famiglia è chi mi ama indiscriminatamente. Mi sono definitivamente rotta il cazzo di questa naturalità che dovrei avere – e che brutta orribile persona sono se non ce l’ho! – nei confronti di persone che non stimo non mi cercano non mi parlano non hanno nulla da dire.

Ma attenzione, non si tratta di rabbia! Queste ultime due cose elencate non mi creano rabbia, non mi fanno venire il prurito alle mani o una gran voglia di piangere. Anzi, mi lasciano piuttosto indifferente, sono solo pensieri che mi vengono naturali e ai quali cerco di dare un nome e una forma così da saper rispondere a chi un giorno penserà di avere il diritto di venire a riscuotere il conto di tutte queste mie supposte “mancanze”.