Archivio tag: La guerra è finita

emotivamente instabile, viziata ed insensibile

E che non mi si tacci di cattiveria. Perché sono pur sempre i Baustelle e io non li dedicherei al mio peggior nemico. I Baustelle sono per i migliori. E lei era una delle migliori, in un modo o nell’altro. Inizia così questo requiem per Erika, questo elogio (non funebre) per la conclusione definitiva di questa amicizia. Ma non era finita ormai più di 1 anno e mezzo fa? – direte voi. Ma il fatto è che io sono stupida, e continuo a credere nella bontà innata delle persone, in quel famoso 5% di buono. E quando Erika, all’improvviso senza preavviso e nei suoi pantaloncini corti da persona dimagrita, si è presentata sotto il mio dipartimento e assieme a Bettona abbiamo parlato e fumato una sigaretta e fissato imbarazzate le mattonelle del pavimento e alla fine siamo andate da grom allora ho pensato, credendoci davvero, che poteva essere un nuovo Inizio. E quando poi ha incontrato Benny per strada, ma l’ha salutata veloce di sfuggitasfuggita, allora ho pensato che effettivamente con Benny aveva un rapporto più difficile. Insomma, fino all’ultimo ho creduto di poter essere l’Eletta. E invece la palata sui denti mi arriva all’inizio di questo febbraio, che aveva ad attenderlo – come ogni febbraio da ormai 5 anni a questa parte – Alexander Platz e tutto ciò che ne consegue. E il problema, a quanto pare, sembra essere proprio tutto ciò che ne consegue. Perchè, al mio consueto pacifico messaggio, la risposta è che questi riti non hanno più senso. Al mio tentativo di comunicare la mia presenza, di far capire che io di lei non mi sono dimenticata, di sottolineare che per quanto ora non esista più un rapporto non per questo ho sotterrato e smerdato quello che c’era una volta, mi sento rispondere sonoramente picche. E allora: addio, Erika.

…e di colpo venne il mese di febbraio, faceva freddo in quello casa,
mi ripetevi: sai che d’inverno si vive bene come di primavera?
Sìsì, proprio così.

Cosa d’alta magia non ferirsi mai

Wednesday, August 22nd, 2007

Prima di respirare il gas, prima di collegarsi al gas. Era mia amica, era una stronza, non aveva 16 anni appena e non è neanche morta, ma fa morire me. Questa canzone mi fa morire, Wendy mi fa morire, le situazioni mi fanno morire. La Polonia è un sogno, e pure Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare però non ti puoi ritrovare con l’acqua alla gola e un dolore a livello del mare. Il livello del mare. Io in alto non ci riesco proprio a stare, come proprio non riesco a giocare in maniera decente a nessun gioco. E guardare Varsavia dall’alto non è proprio possibile, mi ponevo al centro del grattacielo per essere più ancorata alla terra, continuavo a sentire le mie gambe che si sporgevano dal parapetto e il mio cervello spappolato sulla finestra di una di quelle belle casine con mansarda. Le mie orecchie stavano male per me mentre mi aggrappavo alla Copia, che una volta ci stavo solo io nella sua pancia, ora ci stanno tutti e io ho un posto in meno in cui stare. La terra è il mio posto principale però, questo proprio nessuno me lo toglie. Torno a Orio come se fossi partita ieri, come se fossi partita un mese fa; la mia divisa risente dei segni del tempo, forse dovrei cogliere i segnali del destino e lasciar perdere tutto, ma non sia mai detto che io faccia la cosa giusta al momento giusto, quindi per il momento mi va bene così. Prima di perdersi nel punk, prima di perdersi nel crack. Prima di cogliere con tutti i sensi che i posti di confine sono solo una cagata e che tutto è collegato alla realtà, che lo si voglia o meno. Ci si dice le cose in faccia, come fratellini e sorelline e vorrei dare una parola a tutti, di quelle che, se io fossi Wendy, poi Bonni leggerebbe ad alta voce quando si parla della carta di clan, ma non so se lo farò, non so se ho parole per tutti, non so se ne ho davvero voglia. Ho in bocca un diffuso odore di sangue, sulle mani porto ancora le parole del Giulio, quelle che mi sospirava a tarda notte sul dondolino, mentre Wendy pian piano inesorabile si avvicinava. Avevo bisogno di sentirmi desiderata? Beh, a questo campo lo sono stata fin troppo. Tantissime foto, di cui probabilmente si poteva in parte fare a meno, e se sento un motorino in lontananza mi piace pensare che possa essere Beppe. Ho litigato con tanti, e poi non c’ho voluto far pace, mi sono schifata di atteggiamenti e pensieri, forse solo per compiacermi dei miei atteggiamenti e pensieri. Non penso che sarei stata capace di godermela di più. Tanto, alla fine, ovunque io ritorni, è come se non fossi mai partita. Ed è solo così che anche in quel di Seriate si può parlare di casa. Se di casa vogliam parlare. Ho negli occhi le mattonelle di cemento del campo di basket di Dombetania, e le sopracciglia di Suor Maria, e il tendone bianco coi pennelli e il Piccionary, e i capelli da maschio della Prisca, e i riccioli dell’Alice, e il libretto dei canti della cappella, e i nanetti di Betanlandia, e il ciottolato davanti alla staccionata, e le sedie colorate, e il campo da pallavolo/calcio/calciofiorentino, e la palla rottissima, e lo stendibiancheria con noi donnine di casa che stendiamo e ritiriamo i panni, la camomilla serale mai bevuta, le stelle cadenti che un po’ perdono d’importanza, e tutto il resto. Torno a casa, parlo con mio padre, mio padre mi regala un libro che mi aveva già regalato. Torno a casa, mi è stato ricordato che forse non è perfezione, ma io voglio credere che sia così, anche se tutto rema contro quando le risate squillanti mi risvegliano da un sonno doloroso. Ora mi viene da vomitare e vorrei poter non mangiare per 3 giorni, ora disferò zaino, mi laverò, dormirò e spero di svegliarmi con un colore migliore nella testa. Parole belle di vita, la guerra è finita.

Con una bic profumata

Ironia della sorte, della morte, della notte e anche del caos, a dirla tutta. Qui ci si diverte, si fanno esami e ci si diverte. Sono invidiosa, lascio piccoli biglietti inutili che in realtà non lo so neanche se descrivono invidia per gli altri o commiserazione per me. Autocommiserazione, tecnicamente parlando. Ogni sera un film, un telefilm, una tazza di thè, 2 parole sulla propria vita che c’era e che ora non sarà più la stessa. Dissi a Davide che qui c’è gente nuova e bisogna mostrarsi allegre e spensierate, c’è da gioire e da sorridere e da cercare argomenti di discussione. Che poi ci siano gli esami in ballo è solo un motivo in più per non uscire di casa. E domani il mio bellissimo e perfetto Tea Party, e tornerò la bella vecchia Alice di un tempo, e sarà bello perchè la base è sempre azzurra e ci sono sempre grandi fiocchi neri, ma i vestiti cambiano sempre e i capelli sono sempre più lunghi. E sempre più belli. Ho trovato stabilità in questo mio costante non esserci. Come le telefonate corte e inaspettate e i messaggi all’alba che quanto non te li saresti mai aspettata un anno fa. E traslochi conclusi e traslochi imminenti. La mia odiosità col Giulio che, povero, non c’entrava nulla, ma è solo che io ero così una volta, mi arrabbiavo per cazzate e rimanevo arrabbiata una vita e poi si faceva pace a distanza di giorni/settimane solo per colpa delle mie idiosincrasie momentanee. Questo Wendy lo sa, questo lo sa anche il signor Tempo, e forse in fondo in fondo lo sa anche il Giulio. E così che sono riuscita a rovinarmi il pomeriggio solo perchè non trovavo un paio di scarpe nere da abbinare alla gonna e al gilet. Ma io credo che un bel vestito possa donare felicità, Caroline, ed è l’unica cosa a cui mi aggrappo. Ho perso tutto, di mia sponte e di amore altrui, ho abbandonato ogni stupida velleità da bimba viziata, ma l’amore per un bel vestito color pastello non me lo toglie nessuno. Che poi chissà se è vero che ho perso tutto, chissà se perdo un po’ di egocentrismo, se perdo un po’ di qualunquismo e se perdo un po’ di invidia verde, per ogni giorno che passa. Io ci spero. Vorrei parlare col Giulio, adesso, solo che poi quando ce l’ho davanti sono solita perdere l’occasione e perdermi in amenità da telefilm americani o da veterani dello scautismo made in BGIV. Ehi, io vi amo vi amo ma vi odio però vi amo tutti. Tutti quanti, nessuno escluso. Metto le mani davanti così a distanza di anni nessuno potrà venire a rinfacciarmi l’abbandono giustificandosi col fatto che una volta odiavo qualcuno. Cosa fuggi? Non c’è modo di scappare. Che non si può baciare da una distanza continentale. E allora come faremo, io in Japon e tu in Italie? Ricordo a tutti che l’erba ti fa male se la fumi senza stile, e qui la mancanza di un certo tipo di stile è innata, mi sa. Vabè, abbandonerò ogni (altrui) progetto technoranger e mi concentrerò sul nostro amato fruits-gothic-lolita-barbolina style.

di base c’è tutto quello che c’è quando non Pensi

Vivere non è possibile. Lascerò biglietti inutili, mentre vedrò Diga e Copia che si adagiano su un vago e psichedelico passato, che io poi non l’ho neanche visto bene Davide stasera, quindi non sono mica tanto sicura che fosse lui. Ma gli auguri glieli faccio lo stesso, nè! Auguri Davide! Incredibile, ma la gente si è accorta che c’ero; cappuccetto rosso in mezzo a tanti lupi neri che ballavano. Ballavo anch’io, ma nessuno mi ha visto, e del resto era comprensibile.. io aspettavo che loro non mi guardassero e fossero presi dalle cose loro, per poter aprire piccola finestra sul mio personale e colorato mondo di folletti. E stavo male, forse, o stavo bene, ma che importa a 3 settimane di distanza! Io sto bene perchè qui sto. Porsi obbiettivi di manmano più bassi, così non ti ci prendi male. La guerra è finita, almeno per me. I miei altri sono sempre neri, ma ho imparato a distinguere fra nero e nero, per capire cosa mi è congeniale e cosa no, come gli eschimesi che hanno tantissimi modi diversi per identificare il bianco. Io sono sempre rosa, al massimo al massimo rossa come cappuccetto. Allucinazione, la Rita che torna all’ovile, bisogno di dormire stretta al suo vitino stretto da levarmi il fiato, Giacomo come mai l’ho visto negli ultimi 10 anni, io oratrice, sigarette. Cosa ne pensa di un romantico? Ne penso che io amo Giuseppe e basta e tutto è intenso solo perchè lo è di base, e di base c’è tutto quello che c’è quando non pensi ma ti limiti a sentire tutto forte forte. Avvinghiarsi. La guerra è finita, almeno per me.