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la vacanza più lunga del mondo

oppure no.
nel senso che non è vacanza! e non perchè io lavi, pulisca, spolveri, faccia il bucato, cucini, faccia la spesa, vada al mercato, porti fuori la pattuma. queste cose da femme de ménage a me piacciono, e non mi rendono la vacanza meno vacanza. è che non ci sono le tonde pause e i lunghi silenzi delle vacanze al mare; è che non c'è il tour-de-force obbligato per vedere il più cose possibile nel minor tempo delle vacanze in città; è che non c'è la noia dei pomeriggi estivi quando torno a Bergamo e sto sdraiata sul letto a far finta di studiare e invece ho gli occhi chiusi. è che qui è Vita.
nel senso che non è più lunga del mondo. questi giorni, che nell'immaginario collettivo sarebbero dovuti durare in eterno, che avrebbero dovuto sopperire a tutta la mancanza successiva, sono invece poco più di niente. stamattina al mercato, al bancone dei poveri polli allo spiedo, vendevano cestini di patate arrosto che emanavano un odore inebriante e molto accattivante. ma non ne ho comprate perchè i pranzi e le cene dei prossimi giorni sono già stabiliti. e poi il tempo sarà finito. e quanto sarebbe bello invece, un martedì, andare al mercato e, seppur girando felice fra le bancarelle sguaiate degli arabi a basso costo e quelle ordinate dei cinesi carissimi, accorgersi di non avere proprio voglia di cucinare nulla e comprare un cestino di patate arrosto e qualche formaggio? sarebbe una cena perfetta. ci sarà un tempo anche per questo? un tempo anche per Noi.
in questo limbo magico di cui non si riesce a cogliere l'estate, prima alle porte e poi appena iniziata, il cielo è novembrino e l'umidità è veneziana. la sera la coperta di pile è troppo, ma la mattina è troppo poco. indosso vestiti più estivi che primaverili, ma sotto nascondo leggins e canottiere per sfuggire a venti e mal di gola. ogni mattina faccio laute colazioni, che preparo lentamente e senza occhiali. e poi aspetto. nell'attesa mi è concesso di leggere le Memorie di Adriano, e di stupirmi della lucidità e della semplicità in cui la Yourcenar redige questo lunghissimo Progetto del Capo come se fosse una versione di latino, come se fosse normale questo compitare frasi corte e mozze, ricche di parole come "sicumera". e chissà se il merito è tutto suo o se aiuta anche la traduzione italiana. ma poco importa, in realtà: è un libro perfetto e questo è quanto. e, nel tardo pomeriggio, dopo che è stato in me latente per tutto il dì, si esplica finalmente il mio compito, si manifesta il vero motivo per cui sono qui: sono venuta per non andare via più. voglio far ordine, voglio far pulizia.

sono venuta per non andare via più. voglio far ordine, voglio far pulizia.

se invece di buttarle vie si leggessero qualche volta le carte dei cioccolatini, si eviterebbero molte illusioni.

tu saresti capace di piantare tutto e di ricominciare la vita daccapo? di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perchè è la tua fedeltà che te la fa diventare infinita.. saresti capace?

-io non capisco, incontra una ragazza che lo può far rinascere, che gli ridà vita e lui la rifiuta?
-perché non ci crede più.
-perché non sa voler bene.
-perché non è vero che una donna possa cambiare un uomo.
-perché non sa voler bene.
-e perché soprattutto non mi va di raccontare un’altra storia bugiarda.
-perché non sa voler bene.

distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie. 

-è una festa la vita: viviamola insieme! non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. è l’unico modo per tentare di trovarci.
-non so se quello che hai detto è giusto. ma posso provare, se mi aiuti.