Archivio tag: amari

sono scimmie d’amore

anche in questa casa salgo le scale al buio. e nonostante io, man mano che passano gli anni, abiti con sempre meno gente, le mie case sono sempre così piene. piene di noi, delle nostre canzoni, dei nostri litigi, delle nostre torte, dei nostri stendini stracolmi di roba stesa. mi costruisco una casa che ha qualcosa di molto giapponese: un ingresso (il famoso ghenkan di cui parlavo in qualche post dal Giappone) con tutte le nostre scarpe più o meno allineate, una vaporiera sempre piena di riso bianco e rassicurante. come rassicurante è il fatto che, ogni persona che metta piede qui dentro, entri un po’ e a suo modo a far parte della famiglia: così anche se siamo “solo” in 4, in realtà raddoppiamo di  settimana in settimana. oggi raccontavo dei miei mesi giapponesi ai ragazzi che hanno il loro turno giapponese il prossimo aprile e impacchettavo tutto in 4/5 minuti di racconti colorati e pieni di parole non convenzionalmente da discorso pubblico; la gente ridacchiava alle mie descrizioni della strada poco fashion nella quale si trovava la mia scuola o alla definizione della mia hostfamily come il top e io arrossivo leggermente ripensandoci. un anno fa ero io dall’altra parte, che mi facevo convincere dai discorsi di quelli che c’erano già stati, e ora ero dalla parte della cattedra a fare casino con Cori e Roberto-san per fraintendimenti idioti. benedetto sia il tempo e chi lo fa passare. persone che si arrogano diritti (e lo so che l’espressione potrebbe risultare ostile o cattiva, ma in realtà non è sua – o mia o nostra – intenzione farla così apparire) sui miei post, come se davvero si potesse capire cosa penso dalle 4 righe che scrivo ogni morte di papa. una volta passavo per stronza, ora passo per statua di ghiaccio e sale, almeno mi consolo pensando che per la mia lupetta sono “la più rosa”. se si nomina l’amore accarezza un malore, in 100 mosse, non una sola, rimanda il sonno, si sveglia di buon’ora.

se giocassimo e basta?

qui mangiamo pezzi di giappone. il mio passato è su una bicicletta, il mio futuro è nero. e poi c’è l’oggi, un oggi che è tutto mio nel quale io e nessun altro passo l’esame di giapponese (il mio solito 23 che tanto mi fa sorridere e tirare più e più sospiri di sollievo), nel quale io e nessun altro non ricevo nessun messaggio di auguri (ma ce lo ricordiamo al primo anno di università quando, per un esame, si movimentavano gli sms e gli auguri di mezzo mondo? e chissà se allora si era davvero più parte di qualcosa di quanto non lo si sa adesso), nel quale io e nessun altro mi prendo cura di questa casa come di me stessa (lascio che tutto si accumuli come più gli piace e poi, una volta ogni tanto, rimetto tutto in ordine perdendoci un pomeriggio), nel quale io e nessun altro sto e rido e studio e mangio e dormo con questo homo novus che è Stefano (ed era tanto che non mi divertivo così tanto per minchiate di questa portata). sono giorni strani, questi. mi ferisco e ferisco, o almeno così pensavo io scorticandomi. ma se poi i fatti dicono altro e se giocassimo col dolore senza risentirne affatto, se giocassimo e basta? è quello che ci siamo detti io e il mio uomo del finesettimana, e allora io e nessun altro esco da me stessa per fare quello che mi viene. e a volte va bene così. tornare qua mi ricorda la Grande Storia dei ruoli, quella per cui la gelosia non esiste e stare in silenzio intorno ad un tavolo non è grave. mi spiace di non essere di concreto aiuto a nessuno, ma posso cucinare ridere fumare urlare dormire porconare mangiare con voi e per voi. e a volte basta

perchè io odio le gite fuori porta.

[leggete e riflettete, se ne avete voglia: http://noantri.googlepages.com/ragazzimorti]

così, in questo modo sollecitato, mi appresto a dispiegare un po’ di pensieri. di quelli che cadono come se di piggia si trattasse. volevo fare la terrorista. ci credevo davvero, nella lotta armata e nella potenza di fuoco. poi stanotte ho sognato che ero una specie di cecchino conto terzi e dovevo uccidere una persona per conto di altri; arrivava il momento dell’appuntamento con l’obbiettivo e io ero pronta, carica e decisa. poi mi accorgevo di aver dimenticato la pistola a casa. nel sogno tutto finiva a tarallucci e vino nella hall del condominio dove avrei dovuto sparare. che pessima brigatista/nar sarei. ho tanti progetti sfavillanti e tante ambizioni brillanti e tanti modi piccoli&carini in cui vorrei cambiare il mondo, ma nella mia mente è tutto talmente lontano dalla Vita Reale che tutti questi progetti&ambizioni&modi mi sembrano solo fiamme in un bicchiere. che questo mondo cambiarlo non è facile, come qualcuno tardo-adolescenzialmente direbbe. negli ultimi 2 anni ho fatto finta di studiare giapponese e il risultato è che ora mi trovo in una classe in cui stiamo studiando le cose che facevamo al primo anno di università: quindi ho buttato 2 anni della mia vita. e questo mi fa star male, ma non perchè la cosa mi autoabbatta o io mi senta stupida – del resto lo so in che modi li ho buttati via questi 2 anni – ma perchè so di stare facendo perdere tempo/soldi/amore ad altri; vorrei essere autonoma, sapere che se sbaglio lo faccio solo a mio danno e non dover economicamente pesare sulle spalle dei miei genitori, sapere che se raggiungo un obiettivo lo faccio solo a spese mie e solo per la mia personale soddisfazione. voglio viaggiare di notte da sola in questo giappone proiettile e ogni mattina vedere dispiegarsi un paesaggio diverso davanti ai miei occhi, come in una route fra monti, prati verdi e fiori – capirò se è davvero qui che voglio passare la mia vita. voglio tornare nell’italia delle responsabilità dalle quali sono fuggita e andarci al mare, vorrei conoscerlo da 15 anni, bere una birra e parlare dei suoi amori come fossero 30 anni che non ci vediamo – perchè hic et nunc non c’è due senza te. voglio finire questa triennale e poi cercarmi un lavoro e poi andarmene dal nord italia e pagarmi da sola la specialistica – solo se ci metto del mio so che ce la posso davvero fare. voglio lasciare gli scout, perchè questa cosa della fede mi pesa e gli sguardi dei miei lupetti non valgono tutti i miei sensi di colpa e i miei pensieri repressi – nonostante sia forse la decisione più sofferta che io possa aver mai preso. l’esaltazione è fondamentale e i "voglio" (non i "vorrei", che sono sempre e/o solo metaforici e/o onirici) sono sempre positivi, perchè mi fanno tendere al futuro. quello stesso futuro che, come sempre ci tengo a ricordare, sorride a quelli come noi.

"Aggrappiamoci a questa vita, signori: forte. Limitare le passioni per timore che venga giù tutto, vedete, non ha poi questo gran senso."
(Stefano Havana ©leggete e riflettete, se ne avete voglia: http://noantri.net/)

forse forse erano meglio le fragole

ho bisogno di andare dove è la mia sola presenza a rallegrare le persone. qui, dopo i primi 3 giorni, mi sento fuoriposto. è che so che alla fine le mattate sono le sole cose che rimangono, che la quotidianità è tracurabile. ma io le mattate non ve le so dare. scusate.

adesso voglio tutto l’entusiasmo del mondo, mi serve per due ore, iniziare a convicermi di essere un gigante e se stasera voglio alzare le montagne tu me lo devi lasciar fare.

un puntino rosa in una grande parete chiara

Può fare bene parlare del vento del 19 gennaio (mi concedano gli adorabili Amari una piccola licenza poetica). Ho dei piccoli appunti da fare. Oltre al trascurabile fatto (trascurabile in quanto sembra che davvero lo facciano tutti – beata mia ingenuità) che sparlano dietro alle altre in loro assenza, le mie compagne di casa non fanno le cose con amore. Vi farò un esempio banale ma facile da comprendere. Lo stendibiancheria era occupato dalle mie cose, in netta maggioranza, e poi c’erano 2/3 vestiti di una mia coinquilina. Lei stamane ha pensato bene di recuperare le sue cose in maniera violenta, mandando all’aria i miei panni ancora bagnati. Io accetto che le persone abbiano un modo di stendere le cose diverso dal mio, ma non accetto che le cose non siano fatte col dovuto amore. Quindi fanculo alle cose stese senza amore e fanculo alle persone che stendono le cose senza amore. Altro piccolo appunto: odio parlare del più e del meno. Trovo che sia una delle cose più diplomatiche e inutili che esistano, quindi sono ben contenta di non esserne capace. E, infine, non avete idea di quante bambine si girino per guardarmi quando cammino per strada. Ed è una cosa adorabile, perchè i bambini non sono gli adulti e quindi fanno le cose (quasi sempre) con naturalezza e senza secondi fini. Oo dice che si girano perchè io sono il sogno di ogni bambina, che ogni bambina sogna di vestirsi tutta di rosa come me. Questi complimenti mi fanno arrossire *smileimbarazzato*