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chiederti sempre dove sei, ti può smarrire

La maga Circe. Ammaliava gli uomini e poi se li teneva stretti stretti, non li lasciava più andare via. Che soffrisse anche lei di questa strana solitudine che attanaglia il figlio unico moderno e contemporaneo? Povera maga Circe, probabilmente lei non faceva nulla per legare gli uomini a sè. Il fatto è che lei era un’isola sperduta in mezzo al mare, se eri arrivato fino a lei era probabile che tu non vedessi anima viva (figuriamoci di sesso femminile!) da mesi, forse anni, e quindi come potevi non rimanere estasiato dalla sua presenza, dal suo accoglierti subito come un’amante appassionata e poi tenerti nel tempo come una madre affettuosa? A dirla tutta credo che Circe non ne avesse alcuna colpa. Credo che un giorno i naufraghi si svegliassero, magari dopo un sogno che li riportava alla loro terra e alle loro mogli, con un senso di colpa (atavico e/o indotto) tale da non essere in alcun modo sostenibile. Prima avevano deciso propria sponte di abbandonarsi alle cure della maga e ora, ora che si erano ricordati che prima c’era una Vera Vita e c’era un Senso, come potevano prendersene la responsabilità? Di sicuro Circe mi ha fatto un incantesimo, un sortilegio, mi sta tenendo legato a lei di una corda invisibile. L’errore è Circe, non io! Quando ti accorgi di questo hai già scelto di tornare alla tua patria, sei già salpato e l’hai già lasciata sola. Ma Circe è forte, è già abituata a tutto questo, e aspetta il prossimo. buona vita.

non abito più lì da sempre.

finita la disperazione, finiti i pianti accorati e le lacrime, adesso c’è l’indifferenza. o almeno ciò che si può supporre essere indifferenza. oppure è ancora la scenetta del “non vali che un po’ più di niente“?; smetto di chiedermelo e mi limito a sottolinearmi il mio male. maècheiononcelafaccioanonraccontarlelemiequotidianitàfelici. eppure mi ci dovrò abituare. chetristezza. e non c’è modo di fuggire mai. la questione è che io mi ci ero tristemente anche un po’ abituata a non sentirla, a non averla, a non cercarla!, e invece 10 giorni di bergamo avevano ridato un fil di vita alla signora Speranza. Se non avessi mai visto il sole, avrei sopportato l’ombra. Ma la luce ha reso il mio deserto ancora più selvaggio. ciò nonostante per il momento guardo avanti, e quel che verrà prenderò.

puri e candidi o un po’ colpevoli

avreste dovuto vederla Venezia, oggi. da una parte c’era un cielo azzurrissimo e dall’altra il sole, che inizialmente era languido in un cielo annebbiato, splendeva poi come non mai e metteva in risalto la trasparenza dell’acqua che faceva capolino da fondamenta troppo basse e gradini di imbarcaderi. Godersi il sole in dicembre, non molto lontano da qui nevica. qui non nevica, non più dei 10 piccoli fiocchi di lunedì mattina – merito tra l’altro di Kaa e del suo 110 e lode – ed è bello pensare che fino a qualche anno fa mi sarei goduta una mattinata di neve di quelle da desiderare che il giorno dopo non si vada a scuola, di quelle che le macchine lasciano il segno delle ruote all’incrocio di via XXIV maggio con via statuto, di quelle che città alta sembra un presepe. vedo cose che non ci sono davvero, e desidero che siano mie cose che chissà poi nella realtà cosa sono e di chi sono; però qui in mezzo all’acqua alta mi sento autorizzata a vivere la favola che più mi piace. ma poi ci si ricorda che fuori c’è un mondo così bello, e così pieno di opportunità, che stare qui dentro rinchiusi nel proprio ci farebbe sprecare pezzi di vita. Si dice che la porta della cortigiana sia come il fiore di gelsomino. Questo fiore ha un profumo straordinario e se di giorno è un bocciolo, di notte si schiude sopra un guanciale.