E che non mi si tacci di cattiveria. Perché sono pur sempre i Baustelle e io non li dedicherei al mio peggior nemico. I Baustelle sono per i migliori. E lei era una delle migliori, in un modo o nell’altro. Inizia così questo requiem per Erika, questo elogio (non funebre) per la conclusione definitiva di questa amicizia. Ma non era finita ormai più di 1 anno e mezzo fa? – direte voi. Ma il fatto è che io sono stupida, e continuo a credere nella bontà innata delle persone, in quel famoso 5% di buono. E quando Erika, all’improvviso senza preavviso e nei suoi pantaloncini corti da persona dimagrita, si è presentata sotto il mio dipartimento e assieme a Bettona abbiamo parlato e fumato una sigaretta e fissato imbarazzate le mattonelle del pavimento e alla fine siamo andate da grom allora ho pensato, credendoci davvero, che poteva essere un nuovo Inizio. E quando poi ha incontrato Benny per strada, ma l’ha salutata veloce di sfuggitasfuggita, allora ho pensato che effettivamente con Benny aveva un rapporto più difficile. Insomma, fino all’ultimo ho creduto di poter essere l’Eletta. E invece la palata sui denti mi arriva all’inizio di questo febbraio, che aveva ad attenderlo – come ogni febbraio da ormai 5 anni a questa parte – Alexander Platz e tutto ciò che ne consegue. E il problema, a quanto pare, sembra essere proprio tutto ciò che ne consegue. Perchè, al mio consueto pacifico messaggio, la risposta è che questi riti non hanno più senso. Al mio tentativo di comunicare la mia presenza, di far capire che io di lei non mi sono dimenticata, di sottolineare che per quanto ora non esista più un rapporto non per questo ho sotterrato e smerdato quello che c’era una volta, mi sento rispondere sonoramente picche. E allora: addio, Erika.
…e di colpo venne il mese di febbraio, faceva freddo in quello casa,
mi ripetevi: sai che d’inverno si vive bene come di primavera?
Sìsì, proprio così.