Archivio tag: Francesco Guccini

non sopporto che questa felicità finisca

le variazioni Goldberg sono cibo per l’anima. l’odore di questi strani krumiri invade la casa, come faranelli di fumo bianco e sottile, e il sole si fa strada sulle pareti e sul divano facendo diventare tutto bianco e rosso. è lo stesso sole che mi riscalda le mani e le braccia, dandomi una gioia del caldo alla pelle che mi fa sentire come la bambina portoghese che indossa il suo primi bikini amaranto. un pomeriggio di colori così intensi. mentre i pesci boccheggiano. come se poi non facessimo tutti lo stesso. ritrovarsi col cuore molto sollevato, come quando hai appena finito un esame, colle idee molto chiare, come quando hai capito una cosa che ti era totalmente oscura, e con altre mille cose da dire che tutta una notte non basterebbe; ammetto che avevo dimenticato questa congiunzione di sensazioni che derivano dal potersi dire tutto. tutto tranne le ipocondrie, che quelle in realtà non interessano a nessuno, e in primis a me, perciò le risparmio al mio uditorio. lo scampanio delle campane è una cosa tutta italiana, tutta cattolica, tutta nostra. e non so dire se fosse una cosa che in tre mesi mi sia mai mancata o se in quattro giorni mi sia mai accorta della mancanza del tempo scandito, se è una cosa di cui un giorno potrei avere nostalgia, ma giacchè l’orecchio gli dedica un pensiero sento di dovermela così appuntare. questi strani krumiri non sanno di niente e aumentano solo il mio senso di colpa. credo di soffrire di una strana malinconia.

lucido scirocco

voglio essere anch’io come chi prova piacere solo e solamente nell’atto di cucinare cose buonissime e bellissime per gli altri ma poi non ne tocca boccone; penso sia un grandissimo atto d’amore, e voglio essere capace di tali grandissimi atti d’amore. come Mary Poppins arriva ogni volta che cambia il vento, Bettona arriva ogni volta che finisce il parmigiano. piccoli riti e miti di questa casa che osservata ad altezza dimezzata sembra proprio perfetta e perfettamente in disordine. quel tipo di disordine che ho sempre praticato nella mia camera in casa paterna, e che qui sono riuscita ad estendere ad un’intera abitazione. se non fosse per questa benedetta polvere che ha la cattiva abitudine di posarsi ovunque senza che io possa, o forse più semplicemente voglia, farci nulla. al mio compleanno voglio un dolce rosa. allo scoccare della mezzanotte voglio almeno due persone al mio fianco e almeno tre sorrisi nella stanza. voglio tornare ad avere potere decisionale sulla mia vita, senza lasciarmi trascinare solo dalla bellezza della vita e dalla grandezza del mondo, perché solo quando smetterò di avere paura che tutto ciò possa finire allora sarò veramente Libera. e io voglio essere veramente Libera. ho un sentore di menta in fondo alla gola e la sensazione che le persone tendano a mollare la presa quando hanno raggiunto il loro obiettivo, mentre la vera Felicità continuo a pensare che stia nello stare Bene dopo l’apice dell’obiettivo raggiunto. essere sempre al massimo delle proprie capacità, sempre operosa ed in movimento, questo voglio. e lo voglio all’indicativo, non al condizionale di vorrei astratti e alla fine mai tangibili. soffiasse davvero quel vento di scirocco e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare dietro la faccia abusata delle cose, nei labirinti oscuri delle case, dentro lo specchio segreto delle cose, dentro di noi.

stanze di vita quotidiana

ho come l’impressione che qualcuno abbia camminato sulle mie scarpette. quando sono tornata e ho mollato le mie birkenstock (fuori posto, fra l’altro, perchè nel posto che stamane lasciai vuoto stasera c’erano un paio di inaspettati stivaletti gialli da pioggia e un paio di ballerine nere minuscole) ho notato che le scarpette bianche a righe erano tutte spiaccicate. questo perchè quando i jappi entrano in casa si devono sempre togliere le scarpe e, a sottolineare il concetto, quando entri in casa per terra di solito si accede nel 玄関, ghenkan, ovvero l’ingresso, dove pavimento è in cotto e poi c’è un gradino, e dal gradino in poi è tutto parquet. quindi si tolgono – neanche con le mani ma direttamente coi piedi – le scarpe, le abbandonano sul cotto e salgono il gradino che li porta al parquet; ma se ci sono troppe scarpe e sono costretti ad abbandonare le proprie in un luogo troppo distante per attraversare la zona-cotto in un solo passo allora camminano sulle altre scarpe fino ad arrivare al gradino. e io trovo che questo non sia per niente carino, ecco!
a cena di solito mangio una tazzona di riso al vapore, abitudine alimentare che io a-do-ro e non smetterei mai se fosse possibile. se la mama ha cucinato cose con sughini e salsette varie allora ne adagio un po’ sul cucuzzolo del riso e poi mangio tutto insieme, ma se ci sono solo cose asciutte o comunque non mescolabili al riso allora ci metto la 醤油, shoyu, la salsa di soia. e sono felice. l’altro giorno la mama (e il resto della family faceva eco) mi ha spiegato che se lo faccio in casa mia è ok, ma non devo mai farlo al ristorante o in casa d’altri perchè è maleducazione. e io ho chiesto perchè diamine dovrebbe essere maleducazione, e mi è stato spiegato che se io metto la salsa di soia nel riso e non lo mangio in bianco per spezzare il gusto dei altri cibi del pasto chi ha cucinato potrebbe pensare che non mi piacciono gli altri cibi e, per darci gusto o comunque per farmeli piacere, ci metto la salsa di soia. quando sono delicati ‘sti giapponesi!
oggi era l’ultimo giorno di Raphael con la profe del martedì e del giovedì e quando la lezione è finita lui è andato a salutarla e lei si è subito aperta in un 抱擁, houyou, un abbraccio. ho avuto l’accortezza di aspettare che il momento "abbraccione" finisse e poi ho chiesto perchè i jappi abbracciano gli stranieri ma poi non si abbracciano mai fra di loro. e la profe ha risposto che non è nella loro cultura e non lo considerano gentile. io le ho ricordato che aveva appena abbracciato Raphael e quindi allora non era stata gentile nei suoi confronti e lei ha risposto che sa che per la maggior parte degli stranieri è una cosa gentile da fare e quindi lo fa, ma che per i giapponesi salutarsi con un inchino è proprio la cosa più gentile (/affettuosa!?) che si possa fare. io continuo a pensare che i profe delle scuole che hanno a che fare con gli stranieri siano i più fortunati di tutti perchè possono sfogare così il loro bisogno di affetto e abbraccioni. e gli altri, sempre a mio parere, soffrono di spiccata carenza di entrambe le cose!

vento in faccia, alz…

vento in faccia, alzo le braccia..

pronto a ricevere il sole..

pronto a ricevere il sole..

anima in pace quando tutto tace..

è la liberta che mi vuole..

è la liberta che mi vuole.. che mi vuole..

dimenticare..

 

Bandabardò, come sempra la più adeguata a esprimere emozioni e dolori e sensazioni della sottoscritta, dopo Guccini e ModenaCityRamblers.. come al solito si parla di piccole cose.. e vorrei precisare due cose alla Monica: 1. la Elena acidina, un po’ ti piace un po’ non ti piace… ragazza, sii chiara e decisa!! e poi  lo sai che io i pacchi me li tiro da sempre.. cosa dovrebbe spingermi a smettere giusto adesso? e poi, sappi che ogni tanto me le faccio persino con i miei.. figurati con voi!! lasciami tirare i miei pacchi (almeno su ‘ste robe!) e stai tranzolla.. che tanto alle mie conclusioni poi ci arrivo cmq, in un modo o nell’altro..; 2. Monica, te ne prego, stai attenta all’influenza che hai nel resto del mondo!! Sia con noi che (a mio sindacabilissimo giudizio, almeno) con Marco e compagnia bella, stai un pochettino attenta alle conseguenze che potrebbero avere le tue azioni. Noi (come pure Marco&Co.) abbiamo una certa stima di te e, anche se sappiamo che fai l’idiota o la sarcastica, molte cose possono fare veramente male se ripetute e reiterate. Questo perchè tendiamo a prendere sul serio quello che dici, perchè ci teniamo a te e al tuo pensiero. Finchè sono io va bene, si narra (che un dì l’Inghilterra fiorì..) che io sia permalosa e che me la prenda per tutto… ma c’è gente che non se la prende per tutto e che cmq ai tuoi commentazzi acidi può rimanerci male. Lo so che mi dirai che tu sei come sei, e a me va bene, perchè a me piaci come sei e la Monica non la cambierei con nessun altro al mondo (dimmi che sono glassosa e mielosa, ma ogni tanto penso ci voglia!!), ma se ti rendi conto di quello che provochi, prova a fermarti al secondo commento acido/cattivo/sarcastico, non andare avanti ad libitum..

Annina bella, sai che ti voglio bene e per te sarei (ogni tanto però, non prenderla come un abitudine!!) anche disposta a fare un ciccinino l’avvocatessa.. anche se in realtà l’argomento è un po’ che mi gira in testa a prescindere da tutto. Capisco come tu ti sia sentita oggi. Sei tornata da un viaggio spettacolare e ti aspettavi che il mondo ti riempisse di domande, perchè percome.. e invece noi abbiamo saputo solo ostiarti dietro per i regali (per una cosa che, tra l’altro, sambra essere colposa di tua madre..!) ma sappi che a me interessa tantissimo ciò ch’è accaduto a Parigi e oggi ti ho fatto il più possibile di domande e ho cercato di starti dietro nei tuoi discorsi, anche se dovevo contemporaneamente tenere a bada la Fede, ascoltare la Monica, dare retta alla Lussi, leggere Guccini e dire di sì alla profe che diceva che non stavo attenta (ma dai! profe, lei è troppo sagace!!). Sai perfettamente quanto io ami la Francia, Parigi e tutto ciò che è inerente ai nomi da poco citati.. quindi voglio che tu mi racconti tutto!! Ma magari non oggi in classe.. anche se ho ascoltato tutto ciò che hai detto!! Sappi che qualsiasi cosa tu dica ti ascolterò sempre e che la mia manina sotto la tua con me incorporata che ti chiedo se mi ami ci sarà sempre.. ti voglio bene, mia svolazzante ed effimera valar..

il peace & love sta piano piano entrando a far parte della mia fibra e questo va benissimo. Sono pronta a professare la pace dei sensi (tranne che si tratti di Cadonati, della Simeone, o di qualsiasi altro tipo di dittatura ottusa.. per quello: GUERRA!!) e se qualcuno appartenente al mondo esterno, fosse in contraddzione con me, si fotta.. io sto bene con la mia gente..

Guarda le piccole cose perché un giorno ti volterai e capirai che erano grandi…

ora, prima di studiare mate, scriverò una cosa per la Monica e l’Annina. Non so quanto male vi siate fatte oggi. So solo che l’antifona verbale non lasciava presagire nulla di scritto in maniera serena. Per esperienza, potrei dirvi che da queste litigate pazzesche se ne può uscire con un amicizia notevolemente rafforzata o se ne può uscire con un rapporto insofferente con un indifferenza di fondo. lo so avendo provato entrambi i risultati finali.
Ma cerco di spiegarvi la mia posizione rispetto a tutto ciò. All’Annina vorrei dire che tutto ciò che abbiamo detto, rimane valido e stupendo, in quanto detto nascostamente, davanti ad una tazza di caffè a mezzanotte. Alla Monica, vorrei dire che per quanti difetti lei abbia, io la stimo tantissimo e per quanto alcuni suoi comportamenti mi diano fastidio, li sopporto perchè, per come la vedo io, la Monica serena e tranquilla vale tutti i suoi difetti.       un bacio

cinque anatre andavano a sud
forse una soltanto vedremo arrivare
ma quel suo volo certo vuole dire
che bisognava volare

[Guccini]

 

–Marlene Kuntz– —Fingendo La Poesia–
Una carezza si corica
sulle creste agitate dell’oceano:
stelline d’oro si accendono
e pare il chiasso di una galassia magica.

Franta e rifratta si aduna in una corsia
la luce che il sole disegna andando via.
Stanno due palme dove termina
quella striscia di perline che galleggiano:
fronde fuori fuoco gialleggiano
come fuse nell’oro che le illumina.

Anche un gabbiano che passa per quella via
per un istante si indora con la sua scia.

Ti prego, taci. Volgi gli occhi fin là
e resta con me a guardare.
Preferisco così
e non mi chiedere
a cosa penso: è inutile.
Preferisco così, ti prego, non insistere.

Una carezza si corica
sul mio viso che interpone il suo velo,
sperdo lo sguardo in fondo al cielo
e ti resta una faccia fotogenica.

Se solo fosse stato ieri, sai
nel metallo prezioso eri un’effige
ma oggi – la mia maschera non dice –
lì ti fondi e per me non tornerai.

Guardo nel sole che fugge e mi porta via,
guardo nel sole fingendo la poesia.

Ti prego, taci. Volgi….

 

Mi sento una ladra d’immagini. Per il semplice fatto che la mia vista non è naturale. Io porto gli occhiali, ma se l’ingegno e l’invenzione umana non avessero prodotto modi per aggiustare una vista corrotta come la mia, io ora sarei occlusa al mondo e vivrei in un zona di anti-materia tutta mio, sfocata e bianchiccia. Eppure ogni tanto mi piace togliere gli occhiali per qualche ora e tornare al mio stato naturale di essere umano cieco per poco più di metà. Oggi, dopo aver pianto per più di un ora con mia madre mi bruciavano gli occhi e in più avevo scagliato gli occhiali lontano per eliminare quell’ostacolo fra le mie lacrime e le mie mani atte ad asciugarle, ho deciso di non rimettere gli occhiali e ho mangiato, letto e fatto i compiti senza occhiali. Finché si trattava di compiere quelle azioni, vedevo bene quello che facevo (sono miope, ma neanche minimamente astigmatica), ma appena mi voltavo intorno il mio sguardo non arrivava neanche allo scaffale a 20 cm dal mio naso. Si ha la sensazione di ondeggiare tra un innaturale mondo sfocato e senza margini, come se tutte le cose si confondessero e nessun oggetto fosse più solamente un oggetto, ma come se in ogni cosa si ritrovasse un po’ delle cose che vi si trovavano attorno. Guardare il mondo da quella prospettiva mi fa intendere alla perfezione come io mi senta nella maggior parte delle occasioni della mia vita: esterna a tutto quello che mi accade intorno, trovo naturali e visibili solo le cose quotidiane della mia vita; il resto è ombra, è un immagine fuori fuoco, poco nitida e quindi poco utile. Mi piace stare senza occhiali. Mi piace essere al mondo, ma non farne parte: so che gli altri mi guardano, mi osservano, mi scrutano, vorrebbero penetrare i miei pensieri e le mie intenzioni, ma io non li vedo, per me non ci sono, sono solo linee che s’intrecciano in un solo poco chiaro disegno. Lo so, la Monica già mi vede a fare la figura dello struzzo. Non sono uno struzzo (anche se sono così carini!), lo struzzo caccia la testa sotto terra perché pensa che nel momento in cui non vede nessuno, nessuno lo vedrà; io so che gli altri ci sono, so che gli altri mi danno la caccia, ma li ignoro preferendoli come un’unica massa informe non nitida. Uccidetemi se vi da gusto, io tanto ci sarò sempre lo sapete..e quindi tiro avanti e non mi svesto, dei panni che son solit(a) portare, ho tante cose ancora da raccontare, per chi mi vuole ascoltare e A CULO TUTTO IL RESTO (Guccini docet). E come direbbe l’Eternauta: io sono la vagabonda dell’infinito, la solitaria (e cieca, aggiungo io) pellegrina dei secoli… e per favore, chi mi ama, non mi segua, ma mi cammini accanto o si limiti a guardarmi da lontano. buona notte, massa informe e sfumata detta mondo un bacio

La gioia è una bolla, tesoro ci gonfia di ebbra ingenuità poi scoppia e si perde dovunque nel tempo

[Marlene Kuntz]

LA VIGNA

Divengo vortice
nella mia vigna incurata,
invasa, e divisa dall’ordine,
ora campo bastardo.
Allo schiudersi florido
di foglie lascive,
al frutto viandante e succoso
che del suo spruzzo
m’irrora le labbra,
a fioriture selvagge
cui unica cura è il piacere
di un sole, carezza bramosa,
io sfreno il metro e lo schema
d’una cascata di versi.
La voluttà del creato
s’intreccia al tripudio dell’acino:
vuoi essere foglia,
fiore o frutto librato?