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nui simu doi maranci su nu ramu

Lei chiese la parola d'ordine, il codice d'ingresso al suo dolore. Lui disse "Non adesso, ne abbiamo già discusso troppo spesso, aiutami piuttosto a far presto, il mio volo lo sai partirà tra poco più di due ore." Sentì suonare il telefono nella stanza gelata e si svegliò di colpo e capì di averla solo sognata. Si domandò con chi fosse e pensò "E' acqua passata". E smise di cercare risposte, sentì che arrivava la tosse, si alzò per aprire le imposte, ma fuori la notte sembrava appena iniziata. Chiaro, no? Sono giorni velocissimi, anche questi! Le ore si infilano veloci le une dietro le altre e non c'è modo di fuggire, mai. Ma stavolta è un impedimento piacevole, perchè sarebbe proprio il fuggire stesso ad essere spiacevole, e non c'è alcun tossico latte antibioticizzato (ma come star senza se sei abituato?). Anzi, siamo fuori da qualsiasi forma di ingabbiante abitudine. La favella è buona: riesco a dire un sacco di parole e, anche se poi mi accorgo che una parte di queste parole sono proprio sprecate, quelle che invece creano curiosità e contentezza mi fanno riprendere le speranze. E poi ti puoi ritrovare nella corte dello IUAV a guardare le fila lucenti e cascanti di momiji, così rossi, così brillanti, che ti chiedi come si possa non desiderare di stare lì per ore a guardarli lucere e cascare; o fare mille e mille foto. In casabuco avvengono strani incontri, come quello con un barbutino (indossante una felpa di bansky) che, mentre stai al piccì in anticamerina in piena notte, ti saltella dietro dicendoti "ciao, sorella!" e tu non puoi far altro che girarti, un poco stupita un poco estasiata, rispondendogli "…ciaaaaaaaaao…". Qui si vive come dentro ad un parcogiochi e, esattamente come se fossimo anche noi tornati piccoli, i nostri litigi e urla e strepiti non sono che poco più di dispiaceri di fanciulli; il giorno dopo è già tutto passato e si torna alle supposizioni sul meteo e alle elucubrazioni sugli infarti (e, in questo specifico caso, l'unica cosa di cui sono scontento è la pessima qualità della conversazione). Monday, October 15th, 2007 – il giorno dopo essere entrata nel ve6 – scrivevo su questo stesso (o quasi) blog: "Per come mi vesto, per come cammino, per le scarpe che scelgo in abbinamento a collant e scaldamuscoli, per i capelli, penso di essere più adatta ad essere apprezzata da una donna. Penso che ad una donna potrei piacere per davvero, mentre un uomo neanche mi noterebbe, invece, se non forse per le tette grosse." Le stesse tette che ora dolorano, dopo la sessione di pizzica dello scorso lunedì (dopo la quale, tornando a casa, stare con lei sopra allo stesso tetto, il piacere è questo qua), e quanto divertente non è? Ma ancora più divertente è vedere quanta gente si stupisce a sapere che noi facciamo la pizzica; quello che non ti aspetteresti mai.

esiste tutto ciò che io non riesco ancora ad immaginare

L’odore delle rose
e’ una reazione chimica,
se un giorno lo scoprissi
non l’ameresti piu’?

So di aver avuto delle sorelle finora (parvuli e tanto cercati surrogati delle mie mancanze congenite – purtroppo) come so anche di averle perse, nel tempo e col tempo. Ma tu mia sorella proprio non sei, perchè non ho la sensazione che tu sia capitata nella mia vita dall’alto e di averti così preso come l’alto ti ha data, ma è proprio come se ti avessi scelta: una volontà a me affine in mille altre volontà. Ma non c’è bisogno di dirlo (tantomeno di dirtelo) perchè se lo dicessi salterebbe tutto. E io so che finchè non è palese e dichiarato e ricordato, allora il bene che voglio a te è esattamente quello che tu vuoi a me. E fine, senza chiedersi se un ragionamento del genere abbia senso o no e senza aspettarsi risposte o conferme. Il mio vestitino nero ha un odore particolare e per questo l’ho riposto nell’armadio senza arieggiarlo, nè tantomeno lavarlo. Vorrei mantenesse la fragranza di questo capodanno buffo, in cui mi sono buttata a capofitto senza saperne nulla: sa della Copia che mi dormiva con la mano sulla spalla, sa dei cuscini della casa di Matte, sa dei capelli della Anna raccolti in una coda anni ’80, sa del tono di voce di Vins e di quel modo lascivo di dirti le cose, sa della barbetta incolta di Elia (e un pochino anche delle guancine rosine della sua Mimì), sa del modo familiare della Mary, sa del modo in cui il Cecco dimostra di tenerci alle persone, sa dei sorrisi delle labbra dello Jacopo.

Il senso delle cose
e’ una coperta stesa
su un passato ancora vivo:
ma te lo ricordi tu?

tengo a bada i miei sensi di colpa

Ascolto qualcosa che è parte della mia maturità, e che all’epoca mi piaceva come fine a se stesso. Io che avevo paura del tecnival a cui non arrivammo mai la sera dei miei orali a Torino, io che pensavo che mi sarei annoiata. E invece ora mi accorgo che è proprio un po’ techno perfetta, della lunghezza perfetta, coi suonini perfetti, come solo il nostro caro vecchio Aphex sa fare. Non sia mai che la d’n’b piaccia anche al Giulio, non sia mai che la Lea coi rasta biondi mi porti a qualche party, non sia mai che qui diventi tutto facile. Ma non puoi stare fermo in fronte a un uragano, non puoi stare fermo con le mani in mano. Metti che a un pianoforte lei non sa resistere. Metti che una volta qui diventi facile. Metti che Wendy non stia con Davide e che questo ti faccia anche piacere. Metti che Wendy e il Giulio si vedano e parlino e sappiano tutto l’uno dell’altra e parlino anche di te. Metti che tu sia invidiosa, perchè una volta (tanto-tanto tempo fa) il Giulio vero era solo tuo e il resto dei giochi era solo per dire “guarda che il Giulio vuole più bene a me!” “no, a me!”, e invece ora è più di Wendy, ora Wendy lo conosce lo analizza lo apprezza e lo giustifica. Mettici anche che un po’ sei gelosa perchè Wendy parla di più col Giulio che con te. Insomma invidia-gelosia, che si trasforma in inutile poltiglia, nel momento in cui capisco che è solo rabbia della me stessa veneziana verso la me stessa che vorrebbe stare a Bergamo. Come un gin lemon e sguardi con la Copia e con Wendy e poi il deodorante e l’alcool giusto per fingersi quella che rappacifica gli altri. La visione della figa da vicino. Il Giacomo decisamente in botta che si svacca sui divanetti. E io sono felice, perchè la parte di me che vorrebbe stare a Bergamo è appagata. Dammi una sigaretta, Copenhagen. E allora incontri la Monica per la strada (ma sì, perchè non dirlo?! Perchè nascondersi dietro ad un blog o ad una maschera di finto distacco veneziano? Tanto a noi ci piace farci del male..) e in fondo, sarà il Giulio accanto, o il vestito perfetto che indossi, o la Copia al telefono, o l’alcool, ma agisci come una piccola bambina felice e urli come un’idiota. Ma come fanno ad essere senza nome? Forse una volta ce l’avevano e l’hanno perso. O chi lo sa. Ma, come al solito, la rosa rimane tale anche se la si chiama in altro modo, giusto? Consapevole che tu non sei la rosa ma che la rosa assume la tua forma. Nuove confidenze in nuovi riflessi blu. Si dice in giro che sei solo un bastardo, lo sai? Dormi nei letti di tutti, dormendo mai. Io non ci credo, dimmelo chi sei. Schifosi aneddoti e sotterfugi.