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Viva EXPO!!

Non voglio fare alcuna critica a Expo perché sarebbe troppo facile e già in tanti lo fanno. Credo tristemente ci sia una bassa percentuale di visitatori – che al suo interno ci sono entrati con la testa e non solo con la pancia – che potrebbero elencare tante buone critiche costruttive, ma io faccio l’orgogliosa testona e dentro Expo non ci vado, ne consegue che critiche “interne” non ne posso fare. Tant’è che però ci orbito intorno quotidianamente e gli occhi ho deciso di non tapparmeli e quindi mi sento autorizzata a parlare del pre-expo e di tutto ciò che è collaterale ad esso. Per adesso sorvolerò sul ridicolo fiorire dei post it fluo della scritta EXPO2015 su ogni marchio prodotto pubblicità vetrina, concentrandomi sulle assenze piuttosto che sulle ossessive presenze. Ma partiamo dal principio:

è mai possibile che nelle fermate della metro fioriscano attività commerciali solo in centro città? Non avrebbe un tantino senso piazzare un bel panificio anche nella fermata di Pero (considerando fra l’altro che, una volta usciti dalla fermata della metro, ad accoglierti trovi solo un centro diurno per anziani e una banca)? Farebbe grandi incassi a ogni entrata e uscita di scuola! Per non parlare di expo!! E perché anche alla fermata di treno e metro Rho Fiera EXPO Milano 2015 non c’è niente che venda cose da mangiare? Perché non impariamo anche questo da Giappone, Germania, Repubblica Ceca, Austria???? Tutto questo per dire che ho una gran fame, ecco.

Continuerò con un elenco casuale di cose positive che ha portato Expo (perché sarò incaponita e orgogliosa, ma poi c’è anche l’altro lato di me): i bambini di Rho e circondario che a scuola fanno educazione alimentare e imparano a leggere le etichette dei prodotti alimentari, il potenziamento del bikemi (con tanto di possibilità di scegliere le biciclette a pedalata assistita!), la lilla, gli scioperi rovina-giornata revocati all’ultimo momento.

 

Concluderò infine con alcune piccole riflessioni, che con EXPO nulla hanno a che fare.
Mai come nell’ultimo anno ho piacere nel parlare in modo lessicalmente accurato. Il mio uso funzionale e altamente semplificato di grammatica, sintassi e lessico crea in me un forte bisogno di cura del parlato extrascolastico. La cosa che ho ulteriormente sviluppato – casomai ce ne fosse stato bisogno! – e la mia pragmatica gestuale. Ciò che invece sto ancora imparando e affinando è la mia gestione dell’altrui spazio personale e culturale. Ad esempio non sono ancora sicura di come dovrei gestire il mio ragazzino senegalese che mi chiede di uscire per soffiarsi il naso. Io dal canto mio non avevo alcun rispetto dell’abitudine giapponese di non soffiarselo o di soffiarselo nascostamente – probabilmente non ci davo importanza o forse addirittura ne facevo un vanto assurgendolo a simbolo della mia identità culturale. Al momento lo faccio uscire e aspetto il suo ritorno approfittandone per farmi 2 minuti di cazzi miei.

A sorta fairytale

Questa è una storia e come tale va raccontata.
Tutto ha inizio grazie a EXPO Milano 2015.
Infatti è grazie all’Expo che il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci apre le sue stanze e i suoi cortili il 22 aprile fino alle 23. Io vengo portata lì da altri ed è con altri che mi siedo intorno a un bianchissimo bancone da laboratorio (che sembra di essere tornati alle superiori, ma con colori oggetti e spiegazioni da elementari) per fare delle gelatine del colore e della consistenza che vogliamo noi. Davanti a noi si siedono un ragazzo e una ragazza orientali. La ragazza era seduta vicino a me sulla metro – la sua gonnellona a quadri verdi e i suoi mocassini colori cammello con calzini bianchi non potevano non attrarre la mia attenzione. Il ragazzo invece è una ragazza – lo cela bene, ma sotto la camicia a quadri la maglietta bianca è attillata. Colei che dovrebbe spiegarci non solo cosa fare ma anche perché accade (ma non lo farà – si concentra maggiormente sulla famiglia con bambini a carico che occupa il bianchissimo bancone accanto, e forse è giusto così), a loro parla in inglese, e la ragazza-che-non-è-un-ragazzo le dice di essere from China ma poi a noi parla un italiano lento e splendido. Giochiamo assieme con le aromi coloranti sali e sembriamo adolescenti a un campo scout, e siamo già amici di gelatina dopo neanche 5 minuti e io faccio foto a tutti. Poi usciamo dal laboratorio senza neanche salutarci – ma anche questo fa parte dell’adolescenziale gioco di cui sopra e nessuno si offende o stupisce. Mentre gli altri passano nel laboratorio accanto, io proseguo lungo il corridoio, fino ad arrivare a un Dutch Pavillion che spiega come mai l’Olanda è così Olanda e in una stanza tutta verde e di verde illuminata trovo le due amichette di gelatine sedute su dei puff. Entro nella stanza anch’io. Loro si baciano. Silenziosamente mi dileguo sorridendo.

E il pensiero primo e ovvio è quanto io sia felice che Qui lo possano fare. E che lo facciano!! Il secondo pensiero è che Là non lo possono fare, che è terribile disumano vergognoso. Ma il primo pensiero conta di più, no?

Più tardi, raccontando questa storia a Lei, mi luccicavano gli occhi. Ho detto che voglio anch’io uno studente cinese!! Lei mi ha ricordato che la maggioranza dei miei piccoli studenti lo è. Ma loro sono piccoli e non vale! Vuoi mettere la soddisfazione di andare a scrivere su menti già formate, fatte e finite? I miei piccolini in fondo sono facili da plasmare… Li amo tutti lo stesso, ovviamente.