Mi prendo troppo a cuore le cose. Mi sento responsabile personalmente, direttamente, totalmente per le cose che mi succedono attorno. Perchè so che potrebbero uscire meravigliosamente e così voglio che escano. Parlo di scoutismo, parlo di papiri, parlo di tesi, parlo di Vita. Quella con la V maiuscola, quella che una volta stava nello scaffale in alto e io non c’arrivavo, ma invece ora c’arrivo e ne prendo a piene mani. Venerdì notte leggevo Casa di bambola e sbigottivo davanti a tanta consapevolezza della propria identità femminile, respiravo a pieni polmoni le parole di Nora che abbandona marito e figli per cercare di capire chi sia lei davvero; e mi si perdoni il paragone, che sarà certamente considerato azzardato da chi questi telefilm proprio non li concepisce, ma mi sapeva di Christina che viene abbandonata all’altare da Burke e si toglie il vestito nuziale di dosso con dei gesti veloci e violenti e urla che è libera, finalmente è libera e piange. Ma è libera. Come Nora alla fine del testo: è libera. E non è di libertà che andiamo tutti parlando? Non è la libertà che declamiamo tutti a gran voce? Ad esempio, mi chiedo, è libertà quella che sta esercitando la Copia che accetta un lavoro a tempo indeterminato? E noi la stiamo lasciando libera quando le ricordiamo che mille altri amici stanno disperatamente cercando un lavoro e non lo stanno trovando e come si permette lei, proprio lei! che un lavoro ce l’ha!, di non accettare questo lavoro a tempo indeterminato? Beh, se non è libertà allora sta a lei trasformarla in tale. Buona Vita, amica mia. La spesa alla domenica mattina è la libertà fatta arance washington navel e baguette del giorno prima. La libertà dei cieli azzurri e puliti di Milano in questi giorni. Ho respirato a pieni polmoni l’aria pulita e senza macchine e senza gente della Lambrate della domenica pomeriggio mentre sgambettavo, nei miei pantaloncini troppo corti, giù per quella lunghissima via sempre con la meta ben presente e ben visibile. E quella chiesa così alta, così ariosa e le vetrate così piene di colore, tutta da respirare. E i libri e i dischi e la gente e quelle piccolissime coppette piene di chissà che cibo delizioso alla Santeria. E anche i fiori sulla via del ritorno e le vetrine poco attraenti di una pasticceria che però ti ci fai attrarre lo stesso perchè è così bello pensare di comprare un dolce alla domenica pomeriggio sulla via di casa. E i rami degli alberi erano nudi e facevano vedere tutto: tutta la via, tutto il cielo, tutte le case. E non è un privilegio che si possa avere quando le foglie abbondano! Quindi ben venga questo inverno che diventa primavera e che col suo vento spazza via le nuvole e fa picchiare forte il sole, tanto che anche stare in maglia coi bottoncini gialla è troppo. Ed è questa libertà per cui bacio ogni giorno la signora Vita – sì, sempre quella che sta(va) nell’ultimo ripiano in alto. E poi quel film hong-konghese (hong-konghiano?) fatto di lunghissime riprese al ralenty, con una colonna sonora lenta e dolcissima e che ti fa venire voglia che la storia si blocchi e che ci sia ancora una scena al ralenty solo per risentire l’intermezzo musicale, e di persone che ancora si chiedono e ricercano e vogliono libertà. Libertà di fare l’amore seduti uno sul letto e l’altro sulla sedia, mentre passano un’intera giornata in silenzio origliando se in corridoio c’è via libera e si può tornare ognuno nella propria stanza; ma poi le ciabattine rosa ingannatrici, che così lentamente lei si è tolta, e così banalmente la moglie poi ritrova rovinando tutta la magia. E quei vestiti – fiorati a tinta unita e poi ancora fiorati – che ad ogni inquadratura sembrano più sottili, e i collette duri che ad ogni inquadratura sembrano più stretti. E questa libertà negata, e poi ritrovata, e poi rinnegata. E le inquadrature finali in cui lui parla alle pareti di un tempio abbandonato, dove la natura ha preso il sopravvento e niente sarà più lo stesso. Niente sarà più lo stesso: libertà di non mangiare più animali, di poter dire ad alta voce all’inutile barista dell’inutile piccolo bar nella piazza del tribunale di Treviglio: “sì, io non mangio animali”. Perchè è esattamente quello che faccio: io sono libera! Sono libbbera!
Sia chiaro, comunque, che tu, per me sei libero.
Come sono libera io.
Assoluta libertà da una parte e all’altra.