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INVICTUS – in Memoria di Adama Kanoute

IMG_6598Questo ragazzo aveva 31 anni quando lo scorso 7 maggio si è suicidato in via Ferrante Aporti vicino al numero civico 81. Era un richiedente asilo proveniente dal Mali, chissà da quale fame (di cibo di futuro di lavoro di alternative di pace) fuggiva, ma non importa perché la stampa non gli dà neanche un nome o un volto – oggi neanche la benché minima attenzione.

ADAMA KANOUTE, noi non ti dimentichiamo.

#ricordareisopravvissuti
#sopravviverealricordo

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A sorta fairytale

Questa è una storia e come tale va raccontata.
Tutto ha inizio grazie a EXPO Milano 2015.
Infatti è grazie all’Expo che il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci apre le sue stanze e i suoi cortili il 22 aprile fino alle 23. Io vengo portata lì da altri ed è con altri che mi siedo intorno a un bianchissimo bancone da laboratorio (che sembra di essere tornati alle superiori, ma con colori oggetti e spiegazioni da elementari) per fare delle gelatine del colore e della consistenza che vogliamo noi. Davanti a noi si siedono un ragazzo e una ragazza orientali. La ragazza era seduta vicino a me sulla metro – la sua gonnellona a quadri verdi e i suoi mocassini colori cammello con calzini bianchi non potevano non attrarre la mia attenzione. Il ragazzo invece è una ragazza – lo cela bene, ma sotto la camicia a quadri la maglietta bianca è attillata. Colei che dovrebbe spiegarci non solo cosa fare ma anche perché accade (ma non lo farà – si concentra maggiormente sulla famiglia con bambini a carico che occupa il bianchissimo bancone accanto, e forse è giusto così), a loro parla in inglese, e la ragazza-che-non-è-un-ragazzo le dice di essere from China ma poi a noi parla un italiano lento e splendido. Giochiamo assieme con le aromi coloranti sali e sembriamo adolescenti a un campo scout, e siamo già amici di gelatina dopo neanche 5 minuti e io faccio foto a tutti. Poi usciamo dal laboratorio senza neanche salutarci – ma anche questo fa parte dell’adolescenziale gioco di cui sopra e nessuno si offende o stupisce. Mentre gli altri passano nel laboratorio accanto, io proseguo lungo il corridoio, fino ad arrivare a un Dutch Pavillion che spiega come mai l’Olanda è così Olanda e in una stanza tutta verde e di verde illuminata trovo le due amichette di gelatine sedute su dei puff. Entro nella stanza anch’io. Loro si baciano. Silenziosamente mi dileguo sorridendo.

E il pensiero primo e ovvio è quanto io sia felice che Qui lo possano fare. E che lo facciano!! Il secondo pensiero è che Là non lo possono fare, che è terribile disumano vergognoso. Ma il primo pensiero conta di più, no?

Più tardi, raccontando questa storia a Lei, mi luccicavano gli occhi. Ho detto che voglio anch’io uno studente cinese!! Lei mi ha ricordato che la maggioranza dei miei piccoli studenti lo è. Ma loro sono piccoli e non vale! Vuoi mettere la soddisfazione di andare a scrivere su menti già formate, fatte e finite? I miei piccolini in fondo sono facili da plasmare… Li amo tutti lo stesso, ovviamente.

Consigli per gli acquisti

Se si passa per Milano e si va alla Libreria Internazionale Hoepli in via Ulrico Hoepli, 5 (tra il Duomo e San Babila – e a un passo dai panzerotti Luini, per i più golosi!) e, quando si entra si scende di un piano, si troverà un piccolo mondo nascosto che vende tante cose belle e buone il cui ricavato va ai medici e agli operatori Emergency di stanza in Afghanistan. Vari oggettini artigianali in legno vetro e tessuto, gioielli, prodotti per la cura del corpo (e anche un piccolo angolo con delle mini-trousse Pupa) giocattoli e libri per bambini, stoffe coloratissime, bevande e cibo (anche per celiaci) provenienti da tantissimi progetti di lavoro “eticamente intelligente”.
Per maggiori informazioni, anche su tutti gli altri mercatini Emergency sparsi per l’Italia: http://natale.emergency.it/001/005/015/Dove+e+quando.html

Se invece si sale al primo piano, si può trovare un piccolo corner con due scaffali pieni di libri e dizionari multilingue destinati alla biblioteca del carcere di San Vittore. Si può comprarne uno, che poi verrà donato, oppure comprare dei buoni da 5€, 10€, 15€ o 20€ che verranno spesi sempre per la suddetta biblioteca.
Per maggiori informazioni, e anche per donare direttamente dal sito: www.bibliorete.org/#zanzaunlibro

Shopping Bello e Buono!

Treno di notte per Milano

Viaggio ogni giorno avanti e indietro sulla stessa tratta che entra ed esce da Milano. Soprattutto adesso che la notte arriva presto, fra una stazione e l’altra non si vede nulla (e anche le stazioni alle quali non ci fermiamo – ovvero la maggioranza – sono solo brevi strisce gialloverdi tra un grande buio e l’altro). Ci si mette 25/30 minuti a tratta ed è circa 1 ora della mia giornata che viene impiegata leggendo, scrivendo, pranzando, preparando la lezione per i grandi e ritagliando attività per i piccoli, dormendo rarissime volte. Durante il primo mese di Servizio Civile, soprattutto la mattina, spesso guardavo fuori e mi piaceva riconoscere questo o quel parco piatto, questo o quel prato di conigli. Poi non l’ho più fatto e mi sono dedicata quasi esclusivamente alle mie cose.

Non è la prima volta che vivo da pendolare dentro e fuori da una grande città. L’altra volta era Tokyo. Era quasi un’ora (e mezza, addirittura forse? L’ho già dimenticato) a tratta e purtroppo quasi metà del viaggio era sotto terra e quindi il divertimento di guardare fuori era quasi dimezzato. Eppure tutte (perché lì erano tutte, il treno della metro non ne saltava neanche una) le fermate in città erano colorate, punteggiate di illuminazione notturna e cartelloni pubblicitari. Facevano voglia di scendere a vedere quale mall, galleria, centro commerciale o negozio di tecnologia ci fosse. Però solo fino ad un certo punto, fino alla conurbazione. Poi c’erano un ponte e un fiume da attraversare, grandi campi da golf e arrivava la desolazione urbana edochiana, così simile a quella milanese/varesotta. Anche su quei treni facevo di tutto: compiti per la lezione del giorno, lunghissime partite a Crisis Core: Final Fantasy VII, ascoltare gli Uochi Toki e tutta la buona musica italiana che passava nelle mie cuffie all’epoca, dormire profondamente (anche solo per imitare tutti gli altri frequentatori!). Erano quasi 3 ore della mia giornata, ma mai me ne sarei privata! Non lo consideravo tempo buttato via o rubato alla giapponesità e se ci ripenso ancora oggi creano in me una grande commozione.

Mi accorgo sempre più spesso di commuovermi fino a farmi venire le lacrime agli occhi. Quando parlo dei miei bambini a scuola, dei miei bambini grandi a Casa Onesimo, del mio scoutismo, della mia mamma o del mio papà, del mio divertimento bambino con la Giulia, dello spirito del Pianeta con la Copia la Sasha, Yung Yi, Vytenis e tutti gli altri, delle cose che salvano il pianeta e le persone. Le cose che mi prendono e mi hanno preso mi commuovono; è un dato di fatto.

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

nichi

Che devo dirvi? Mi piace innamorarmi della politica. Mi è piaciuto partecipare alle primarie, alle primarie per il presidente della regione, alle parlamentarie. Mi è persino piaciuto spendere quei 5 euro (2 per le primarie, 1 per la regione, 2 per le parlamentarie) e mi è piaciuto pensare di poter pagarlo un po’ io il PD, invece di buttarmi nel dibattito finanziamentipubbliciaipartiti sì – finanziamentipubbliciaipartiti no. Mi piace sognare, fondamentalmente, e non appena posso cerco di farlo. Perché io non c’ero, poco meno di un anno fa, quando è stato eletto Pisapia Pisapia canaglia, ma ho sentito lo stesso un piccolo brividino nel vederlo apparire al Miami, due giorni dopo la mia laurea. Perché mi piace sognare il cambiamento, mi piace la purezza e il candore che traspare dal suo piccolo imbarazzo nel comparire in pubblico e nell’essere applaudito dagli stessi che l’hanno votato (stessa purezza e stesso candore che mi pare di intravedere nell’Ambrosoli – che, sì, ho votato alle parlamentarie perché era il candidato più giovane e perché mi piace l’idea della Lombardia in mano a un avvocato piuttosto che a un banchiere, per quanto di BancaEtica). Mi piace chi si espone pubblicamente, come la Nannini o come Roy Paci, e mi piace espormi pubblicamente (anche se non indossavo più l’uniforme  andando alle famose primarie IO CI TENGO) perché penso che la cittadinanza attiva sia un dovere, e non solo una postilla scout. E credo che sia il mio stesso amore per il sognare che, nei confronti di Benedetto XVI, mi fa avere un pensiero non critico, non cattivo, non di pena, ma quasi di sostegno. Mi piace pensare non al complotto, non all’interesse, non alla premeditazione di un atto politico ma alla riflessione sul mondo, sul mondo moderno, sul mondo moderno e cristiano; come se questo atto volesse dire: mi rimetto alla vostra volontà, perché io non ci capisco più nulla. E quindi, da mera osservatrice che altro non può fare che dare 5 euro al PD e dare risposte a chi mi chiede del papa (quello che chiederei io di rimando è: esattamente cosa vi fa pensare che IO abbia un’opinione in merito? Ma si scatenerebbe una sterile polemica che mi fa venire voglia di provare piuttosto a spiegare cosa ne penso…), continuo a guardarmi attorno e provo a dare atti concreti di umanità, di civiltà, di “moralità” – parola che odio terribilmente, ma il fatto è che metà della gente che voto e che apprezzo, ne fanno un cavallo di battaglia e quindi mi obbligano a una riflessione in merito – al di là dell’anello nuziale da esporre in primo piano nei manifesti elettorali, al di là della spilletta colla faccia di Ambrosoli virata Obama, al di là della benedetta molletta IO CI TENGO. Perché che io ci tenga, mi pare ovvio.

in the mood for

Mi prendo troppo a cuore le cose. Mi sento responsabile personalmente, direttamente, totalmente per le cose che mi succedono attorno. Perchè so che potrebbero uscire meravigliosamente e così voglio che escano. Parlo di scoutismo, parlo di papiri, parlo di tesi, parlo di Vita. Quella con la V maiuscola, quella che una volta stava nello scaffale in alto e io non c’arrivavo, ma invece ora c’arrivo e ne prendo a piene mani. Venerdì notte leggevo Casa di bambola e sbigottivo davanti a tanta consapevolezza della propria identità femminile, respiravo a pieni polmoni le parole di Nora che abbandona marito e figli per cercare di capire chi sia lei davvero; e mi si perdoni il paragone, che sarà certamente considerato azzardato da chi questi telefilm proprio non li concepisce, ma mi sapeva di Christina che viene abbandonata all’altare da Burke e si toglie il vestito nuziale di dosso con dei gesti veloci e violenti e urla che è libera, finalmente è libera e piange. Ma è libera. Come Nora alla fine del testo: è libera. E non è di libertà che andiamo tutti parlando? Non è la libertà che declamiamo tutti a gran voce? Ad esempio, mi chiedo, è libertà quella che sta esercitando la Copia che accetta un lavoro a tempo indeterminato? E noi la stiamo lasciando libera quando le ricordiamo che mille altri amici stanno disperatamente cercando un lavoro e non lo stanno trovando e come si permette lei, proprio lei! che un lavoro ce l’ha!, di non accettare questo lavoro a tempo indeterminato? Beh, se non è libertà allora sta a lei trasformarla in tale. Buona Vita, amica mia. La spesa alla domenica mattina è la libertà fatta arance washington navel e baguette del giorno prima. La libertà dei cieli azzurri e puliti di Milano in questi giorni. Ho respirato a pieni polmoni l’aria pulita e senza macchine e senza gente della Lambrate della domenica pomeriggio mentre sgambettavo, nei miei pantaloncini troppo corti, giù per quella lunghissima via sempre con la meta ben presente e ben visibile. E quella chiesa così alta, così ariosa e le vetrate così piene di colore, tutta da respirare. E i libri e i dischi e la gente e quelle piccolissime coppette piene di chissà che cibo delizioso alla Santeria. E anche i fiori sulla via del ritorno e le vetrine poco attraenti di una pasticceria che però ti ci fai attrarre lo stesso perchè è così bello pensare di comprare un dolce alla domenica pomeriggio sulla via di casa. E i rami degli alberi erano nudi e facevano vedere tutto: tutta la via, tutto il cielo, tutte le case. E non è un privilegio che si possa avere quando le foglie abbondano! Quindi ben venga questo inverno che diventa primavera e che col suo vento spazza via le nuvole e fa picchiare forte il sole, tanto che anche stare in maglia coi bottoncini gialla è troppo. Ed è questa libertà per cui bacio ogni giorno la signora Vita – sì, sempre quella che sta(va) nell’ultimo ripiano in alto. E poi quel film hong-konghese (hong-konghiano?) fatto di lunghissime riprese al ralenty, con una colonna sonora lenta e dolcissima e che ti fa venire voglia che la storia si blocchi e che ci sia ancora una scena al ralenty solo per risentire l’intermezzo musicale, e di persone che ancora si chiedono e ricercano e vogliono libertà. Libertà di fare l’amore seduti uno sul letto e l’altro sulla sedia, mentre passano un’intera giornata in silenzio origliando se in corridoio c’è via libera e si può tornare ognuno nella propria stanza; ma poi le ciabattine rosa ingannatrici, che così lentamente lei si è tolta, e così banalmente la moglie poi ritrova rovinando tutta la magia. E quei vestiti – fiorati a tinta unita e poi ancora fiorati – che ad ogni inquadratura sembrano più sottili, e i collette duri che ad ogni inquadratura sembrano più stretti. E questa libertà negata, e poi ritrovata, e poi rinnegata. E le inquadrature finali in cui lui parla alle pareti di un tempio abbandonato, dove la natura ha preso il sopravvento e niente sarà più lo stesso. Niente sarà più lo stesso: libertà di non mangiare più animali, di poter dire ad alta voce all’inutile barista dell’inutile piccolo bar nella piazza del tribunale di Treviglio: “sì, io non mangio animali”. Perchè è esattamente quello che faccio: io sono libera! Sono libbbera!

Sia chiaro, comunque, che tu, per me sei libero.
Come sono libera io.
Assoluta libertà da una parte e all’altra.