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A sorta fairytale

Questa è una storia e come tale va raccontata.
Tutto ha inizio grazie a EXPO Milano 2015.
Infatti è grazie all’Expo che il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci apre le sue stanze e i suoi cortili il 22 aprile fino alle 23. Io vengo portata lì da altri ed è con altri che mi siedo intorno a un bianchissimo bancone da laboratorio (che sembra di essere tornati alle superiori, ma con colori oggetti e spiegazioni da elementari) per fare delle gelatine del colore e della consistenza che vogliamo noi. Davanti a noi si siedono un ragazzo e una ragazza orientali. La ragazza era seduta vicino a me sulla metro – la sua gonnellona a quadri verdi e i suoi mocassini colori cammello con calzini bianchi non potevano non attrarre la mia attenzione. Il ragazzo invece è una ragazza – lo cela bene, ma sotto la camicia a quadri la maglietta bianca è attillata. Colei che dovrebbe spiegarci non solo cosa fare ma anche perché accade (ma non lo farà – si concentra maggiormente sulla famiglia con bambini a carico che occupa il bianchissimo bancone accanto, e forse è giusto così), a loro parla in inglese, e la ragazza-che-non-è-un-ragazzo le dice di essere from China ma poi a noi parla un italiano lento e splendido. Giochiamo assieme con le aromi coloranti sali e sembriamo adolescenti a un campo scout, e siamo già amici di gelatina dopo neanche 5 minuti e io faccio foto a tutti. Poi usciamo dal laboratorio senza neanche salutarci – ma anche questo fa parte dell’adolescenziale gioco di cui sopra e nessuno si offende o stupisce. Mentre gli altri passano nel laboratorio accanto, io proseguo lungo il corridoio, fino ad arrivare a un Dutch Pavillion che spiega come mai l’Olanda è così Olanda e in una stanza tutta verde e di verde illuminata trovo le due amichette di gelatine sedute su dei puff. Entro nella stanza anch’io. Loro si baciano. Silenziosamente mi dileguo sorridendo.

E il pensiero primo e ovvio è quanto io sia felice che Qui lo possano fare. E che lo facciano!! Il secondo pensiero è che Là non lo possono fare, che è terribile disumano vergognoso. Ma il primo pensiero conta di più, no?

Più tardi, raccontando questa storia a Lei, mi luccicavano gli occhi. Ho detto che voglio anch’io uno studente cinese!! Lei mi ha ricordato che la maggioranza dei miei piccoli studenti lo è. Ma loro sono piccoli e non vale! Vuoi mettere la soddisfazione di andare a scrivere su menti già formate, fatte e finite? I miei piccolini in fondo sono facili da plasmare… Li amo tutti lo stesso, ovviamente.

Finché non abbiamo le prove rimane una bella teoria

Democrito usava la metafora dell’alfabeto: come le combinazioni di una ventina di lettere possono dar luce a commedie o tragedie, storie sciocche o poemi epici, così le innumerevoli combinazioni di pochi tipi di atomi possono generare la straordinaria varietà del mondo che vediamo attorno a noi.
(Carlo Rovelli – Ogni cosa è informata)

Per gli Scienziati è difficile arrivare al gradino successivo se prima non hanno perfettamente capito il gradino precedente e poi non l’hanno perfettamente interiorizzato e memorizzato – questo il vero motivo per cui io e la Scienza abbiamo deciso di non imbarcarci in un lungo viaggio universitario; del resto ho sempre pensato che dopo l’esame di storia del Giappone o di giapponese classico avessi il sacrosanto diritto di cancellare dalla mia malmessa memoria ogni singola nozione appresa in 15 o più giorni di intenso studio pre-esame. Certo è che, da amante e sostenitrice del latino al liceo (ma solo col senno di poi perché si sa il mio rapporto col latino, dalla seconda superiore in poi, è stato burrascoso e mal gestito), fatico trovare spiegazioni plausibili a chi si e mi chiede a cosa serva studiare latino se è una lingua morta. Se non ne capisci il motivo da solo davvero io non riesco a spiegartelo, è la tua incomprensione in sé a rendertelo incomprensibile. Ma non venirmi a parlare di Scienza perché l’utilità per la tua vita quotidiana del latino è pari a quella della fisica…puoi essere perfettamente in grado di parlare un italiano decente anche senza avere conoscenze della costruzione della frase latina come puoi essere perfettamente in grado di guidare un’automobile senza saperne nulla di forze centripete o centrifughe. Le descrizioni del mondo non influiscono sulla sua esistenza.

La Scienza racconta storie, come la Letteratura. E ho come l’impressione che chi fa della Fiction il proprio mestiere (che da adesso in poi, per comodità chiameremo Letterati), pensa di poter fare a meno della Scienza più di quanto non pensi di poter fare a meno della fiction chi fa della scienza il proprio mestiere (che fin’ora per comodità abbiamo chiamato Scienziati). Questo perché lo Scienziato per farsi capire dal popolo ha bisogno di esempi calzanti e allegorie esemplificative che rendano la scienza comprensibile anche a chi ha la memoria corta e le sinapsi poco allenate (…o interessate?), se no risulta noioso e incomprensibile. Mentre un libro, se anche non sai come si stampa (dalla nascita dei caratteri mobili fino alle attuali cianografiche e compagnia bella), bene o male riesci a leggerlo.

Eppure il signor Rovelli a chi descrive la Scienza come un’insieme di narrazioni del mondo (=fiction) risponde che la Scienza è diversa dalla Narrazione perché la Scienza segue le tracce del mondo e vuole dare un’immagine del mondo inerente alla realtà e dunque per essa non conta il fascino di ciò che racconta (diversamente che per la Fiction) ma la sua efficacia. Non si mangia con la Fiction! Con la Scienza sì, invece… Del resto lui ha portato ad esempio gli schermi LCD che, grazie agli studi scientifici sull’elettricità funziona! E quindi esiste! Per concludere ha mostrato una slide con i capi spirituali delle varie religioni mondiali (che da adesso in poi, per comodità chiameremo Religiosi) denigrando la loro vendita di fumo – e badate bene che la presentazione stava avendo luogo in una chiesa! Si può dire che il signor Rovelli ha voluto mettere le cose in una relazione gerarchica: le cose che esistono sono migliori di quelle che non esistono. Non ho potuto fare a meno di pensare alla mia visione del mondo senza gerarchie e alla mia incapacità di dare alle cose la loro giusta importanza. Io, che senza accorgermi e senza averlo premeditato sono finita a lavorare con le persone – ovvero la cosa più imprevedibile e dannosa che riesco a immaginare, mi sono chiesta se sia fattibile indagare e verificare le relazioni fra le persone come è possibile indagare e verificare quelle fra le cose e quindi se la psicologia, la psichiatria e le scienze sociali possano davvero definirsi Scienze. Sono arrivata alla conclusione che io, che infantilmente e senza ragione amo dichiararmi dalla parte della Fiction (a me il dualismo onda-particella piace tanto in virtù delle innumerevoli metafore poetiche che potenzialmente nasconde), non penso di essere migliore degli Scienziati o dei Religiosi. Ed essendo irrecuperabilmente finita in questo vortice di ragionamenti e dietrologie ho infine dovuto scrivere questo post.

I romanzi non sono la vita! Cosa credevi di ricavare da queste parole stampate, la felicità? Che idiota devi essere stato! Quest’immondizia può far diventar pazzo un uomo.
(François Truffaut – Fahreneit 451)